ENVIRONMENT | Oltre il museo
Oltre il museo
di Cristiana Colli
I musei del futuro sono luoghi del racconto, ipertesti, organismi ibridi e prossimi, depositi dinamici della messa in scena; contesti di innovazione organizzativa della conoscenza, del racconto e della curatela. Sono hub e lab di progetti e processi fluidi; luoghi della meraviglia e della contemplazione.Da vent'anni pratichiamo l’interaction design. All’inizio era l’effetto sorpresa, un po' giocoso e un po' magico, poi ricerca e sperimentazione hanno introdotto una dimensione di innovazione molto avanzata, così si è passati alla comunicazione e infine alla curatela. I sistemi tecnologici permettono di veicolare informazioni e facilitare l'accesso, e quanto più il messaggio è complesso tanto più è necessario creare interfacce intuitive ed esperienziali, per comprendere le emozioni e accompagnare la conoscenza, dice Alessandro Masserdotti.Al Piccolo museo del diario di Pieve Santo Stefano lo spazio fisico e l’impianto digitale, ma non immateriale del racconto, animano un contesto espositivo di relazione tra il luogo, una restituzione sorprendente del patrimonio e la dimensioneintima del reperto, con disassamenti continui della percezione. Il museo conserva i diari come memorie antropologiche – racconta Masserdotti – unisce poesia storia e informazione, valorizza un archivio e lo rende accessibile oltre la cerchia ristretta degli studiosi. L’ingaggio è una forma di “strangely familiar”, che significa partire da ciò che è percepito familiare ma allo stesso tempo è spiazzante. Nella prima stanza si ha di fronte una grande libreria fatta di cassetti: il primo gesto che chiediamo al visitatore è di aprirne uno, con un gesto abituale che però scatena reazioni inaspettate – si sente la voce di un attore che legge estratti di quel diario, i fogli intorno cominciano a volare, si spostano e dialogano con altri diari. Così si crea un contesto magico capace di tradurre l’aspettativa della committenza in un'esperienza.È la tecnologia come mezzo, dispositivo che espande il pensiero nella dimensione multisensoriale e immersivae i dati sono flussi tra meraviglia e conoscenza, tra scienza e poesia. Dati nella giungla dei dati – si considera che la produzione quotidiana si aggiri intorno ai 2,5 quintilioni di byte; dati divenuti interstizi di ibridazioni con l’arte, il design e la comunicazione; byte “freddi” come gli storage che li custodiscono da commutare in oggetti “caldi” con un’esegesi che influenza il mezzo e il messaggio. Dati di un ecosistema da governare, con un alfabeto e una grammatica tutta da comprendere e decifrare, poiché data is the new knowledge.Keplero scopre che le orbite sono ovali e non rotonde grazie ai dati condivisi da Tycho Brahe. La storia è straordinaria, è una prefigurazione della grande questione degli open data – spiega Masserdotti. Oggi siamo nella condizione di dei calcolatori, dagli algoritmi e dal machine learning. L'Ente spaziale europeo col progetto Copernicus ha lanciato sei satelliti – i Sentinel, nome evocativo e significativo – col compito di monitorare lo stato di salute del pianeta. Questi satelliti producono una quantità enorme di terabyte al giorno, ma la cosa meravigliosa è che si tratta del più grande repository di dati aperti che l'essere umano abbia mai messo in campo. Quindi se è vero che le azioni umane stanno distruggendo il pianeta, è anche vero che si possono mettere in campo progetti per salvarlo, grazie ai dati, all’evidenza e alla consapevolezza con cui li leggiamo. Lavorare a questo nel MAAT di Lisbona è stato molto sfidante.Rappresentazione e fruizione sembrano essere prospettive di una stessa frontiera. L’interazione completa l’opera. La filosofia open è a monte – conclude – è l’human centered design per cui il gesto del progettare è incentrato sull'utente. Per questo le nostre ricerche si espandono dalla dimensione museale ed espositiva verso infrastrutture digitali per uffici, strutture sanitarie, ospedali. Questo modifica la dimensione autoriale e implica pratiche bottom up fatte di ascolto, ricerca, analisi. Quale che sia il contesto, lo spettacolo della conoscenza è sempre uno spettacolo della cura, faccenda troppo complessa per essere affidata solo agli algoritmi.